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Sono venuta a conoscenza in questi giorni, tramite i canali internet, attraverso i quali sono collegata con il resto del mondo, non avendo la televisione, la radio e non leggendo il giornale, della questione scottante, che si è creata sulle coste di Sicilia, relativa a barche che trasportano persone dal continente africano in Italia, al loro ingresso nelle acque territoriali e allo sbarco di queste persone.

Non voglio entrare in merito a questioni che vanno al di la delle mie conoscenze, però dopo avere lungamente riflettuto, vorrei anch’io esprimere le mie considerazioni su questo argomento e lo faccio in veste di cittadina italiana, cristiana-cattolica ma soprattutto di disabile. Penso che il problema delle immigrazioni va risolto alla radice, in quanto il traghettare su barconi persone, con il loro conseguente sbarco in Italia, è solo la punta dell’iceberg di una vera e propria manovra politica globalista-mondialista, a mio avviso disumana che lede fortemente la dignità della persona.

Non condivido il fare di queste associazioni umanitarie che si mettono al servizio dei grandi giochi di potere e con la scusa, di collaborare a rendere migliore la vita degli africani, non fanno altro che incrementare quella che io definisco solo una “tratta di vite umane”; a mio avviso queste persone, che arrivano da noi, escono da una forma di povertà ed entrano in una forma di schiavitù ben peggiore di quella che hanno lasciato alle loro spalle.

Mi rifaccio alla spiritualità di un grande Santo italiano, San Daniele Comboni, che ha speso la sua vita per l’Africa e alla grande intuizione che ha avuto: “salvare l’Africa con l’Africa”; perchè quando penso ai missionari e alle missionarie comboniane che ho conosciuto durante il mio percorso formativo mi commuovo e piango.

Se non rimettiamo Dio, al primo posto nella nostra vita, le relazioni crollano. Queste associazioni umanitarie si prestano a fare assistenzialismo e ci costringono ad accogliere migliaia di persone che non vengono poi ridistribuite equamente negli altri paesi dell’Europa. Questa cosa non mi piace perché questi africani che arrivano in Italia non migliorano sicuramente la loro situazione “in dignità” e da parte nostra, come cittadini italiani, non sappiamo più neanche come fronteggiare le nostre scadenze e le nostre problematiche interne. In quanto facciamo fatica tutti le tensioni poi aumentano.

Il mio principio è questo: mettere in grado una persona di risollevarsi dalla povertà, senza privarla della propria dignità, tenendo conto anche dei fattori esterni: se l’Italia, ad esempio, per tanti motivi può ospitare 100 immigrati non deve essere costretta ad ospitarne 10.000.- mentre gli altri paesi europei ne accolgono solo 10.

L’Europa dovrebbe piuttosto recarsi  in Africa, per capire di cosa queste persone hanno realmente bisogno, senza costringerle ad emigrare alla ricerca di un benessere che non esiste più neanche per noi. Nel nome di Gesù queste persone possono riscattarsi restando nel loro paese.

Gli altri due argomenti che vorrei toccare riguardano il reddito di cittadinanza e le pensioni agli invalidi.

A me sembra che il Governo attualmente in carica abbia toccato il nocciolo della questione riducendo il numero dei cittadini che hanno diritto al Rdc: in quanto se una persona è in grado di andare a lavorare: questa persona va a lavorare perché è suo diritto e suo  dovere lavorare.

Da quello che ho capito a queste persone verrà proposto, oltre  al  lavoro, anche un’adeguata formazione che li rende più idonei nello svolgimento delle mansioni a loro richieste. Questo è l’input giusto che può aiutare a risollevarsi dalla povertà e dall’ozio tanti giovani. Ed è anche come la penso io.

Riguardo alle persone disabili come me, che nella vita non abbiamo avuto la fortuna di potere lavorare a tempo pieno e in modo continuativo, mi sembra che si sta facendo poco: in quanto chi è fragile continuerà ad essere fragile.

Le bollette della luce le abbiamo tutti da pagare: disabili e non. Personalmente percepisco un assegno che ammonta a poco più di euro  500.- mensili e che deriva dalla mia invalidità e dai contributi che ho versato quando lavoravo. Ma so di persone che percepiscono una reddito sociale inferiore al mio.

Praticamente è la realtà perché è stata l’esperienza della mia vita ed è quella di tante persone.

Trovo ottimo il fatto di sostenere il rientro al lavoro di tante persone ancora giovani. Anch’io ho usufruito di una borsa lavoro che mi ha permesso di farlo. Infatti, nonostante il diploma di maturità e la buona conoscenza della lingua tedesca, mi sono sempre vista scavalcata: (giustamente) da altre candidate che avevano, più di me, solo un’ottima salute.

Al di la della grande umiliazione che ho dovuto sopportare e che ha ferito ulteriormente il mio cuore, sono riuscita però, grazie a questo periodo di inserimento di un anno, per il quale percepivo euro 200.- al mese, ad essere assunta da un’azienda presso la quale ho occupato una mansione di responsabilità nell’amministrazione. Questa azienda, inoltre, assumendo me-disabile è stata sgravata dal versamento dei contributi per circa due anni.

Cosa significa questo? significa che il reinserimento di una persona fragile nel lavoro fa bene agli imprenditori e al candidato che viene assunto e pertanto è da sostenere.

Dopo un periodo di lavoro molto faticoso mi è stata riconosciuta una incapacità lavorativa superiore ai due terzi e dopo (giustamente) nove anni di controlli e di verifiche davanti ad una commissione ora è permanente.

Personalmente sono fortunata perché la mamma, grazie ai suoi sacrifici e al suo buon senso, mi ha lasciato una piccola rendita che mi permette di vivere dignitosamente; tante persone, al contrario di me, non hanno avuto e non hanno nella loro vita neanche questa opportunità ed oltre ad essere ammalate non hanno neanche la speranza.

In quanto credo nel valore della sofferenza ed ho una grande fede e fiducia in Dio cerco di corrispondere alla chiamata che ho avuto da Gesù mantenendomi nella  povertà. Questa condivisione con chi sta peggio di me si manifesta  quando tolgo qualcosa di superfluo, a volte anche di necessario dalla mia vita, attraverso la sobrietà nell’uso dei beni che la Provvidenza mi ha concesso di avere.

Racconto e concludo con un aneddoto che mi è capitato circa un mese fa in un supermercato: in quanto compero il cibo in scadenza, perché è abbattuto del cinquanta per cento ed è buonissimo, una signora mi ha detto:” effettivamente a stare dietro a queste cose si risparmia perchè anch’io qualche volta compero questo cibo per il mio cane.”

La risposta che questa signora mi ha dato è stata un lustro per me  ma è stata contemporaneamente uno schiaffo che ha dato a tutti i poveri del nostro paese e anche a me che vivo la povertà come dono, con  amore e non per forza.

Dagli Atti degli Apostoli: la prima comunità cristiana

Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme ed avevano ogni cosa in comune, vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno . . . spezzando il pane nelle case, prendevano il cibo con letizia e semplicità di cuore.”