In quanto stavo riflettendo ieri sul celibato dei sacerdoti e sulla sua radicalità all’interno della Chiesa ho trovato risposte che corrispondono al mio intuire e pensare di donna nel bellissimo libro intitolato
“dal Profondo del cuore”
scritto da Robert Sarah con Benedetto XVI.
“Celibato eucaristico”
“Pag. 105 – San Paolo VI suggeriva già nel 1967: Preso da Cristo Gesù fino all’abbandono totale di tutto se stesso a Lui, il sacerdote si configura più perfettamente a Cristo anche nell’amore col quale l’Eterno Sacerdote ha amato la Chiesa, o Corpo, offrendo tutto se stesso per lei, al fine di farsene una sposa gloriosa, santa e immacolata. La verginità consacrata dei sacri ministri manifesta infatti l’amore verginale di Cristo per la Chiesa e la verginale e soprannaturale fecondità di questo connubio.”
Pag. 106 – “Soltanto in virtù della Croce, al termine di una prodigiosa discesa negli abissi dell’umiliazione, il Figlio di Dio dona ai sacerdoti il divino potere dell’Eucarestia”.
Pag. 109 – “Nell’Eucarestia, il sacerdote riceve il celibato come un dono”
Pag. 110 – “Sono intimamente persuaso che il popolo cristiano “riconosca” i suoi preti grazie a tale segno. Attraverso il senso della fede, i fedeli di ogni cultura riconoscono immancabilmente Cristo offerto per tutti nel sacerdote celibatario.”
Sono convinta che il celibato dei sacerdoti non è stato introdotto dalla Chiesa solo per rispondere ad una questione temporale emersa a suo tempo ma è la risposta che la Chiesa continua a dare all’azione dello Spirito Santo che in ogni epoca interviene per purificarla e rinnovarla.
Giov. 12 – “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà Lui, lo Spirito della Verità, vi guiderà a tutta le verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.”
Non è neanche abolendo il celibato che si risolve il problema della mancanza di vocazioni. Il celibato è fondamentale in quanto non posso immaginare la mia vita senza il celibato dei sacerdoti; proprio in forza di questo loro segno, sono riuscita con il loro sostegno, a colmare le lacune psicologiche e affettive che avevo dovute alla malattia e anche alla perdita prematura del papà.
Perché è riuscito il sacerdote dove altri non sono riusciti? Ma proprio perché il loro celibato è stato per me segno di affidabilità-sicurezza-fortezza.
Credo in quello che sto dicendo perché è stata l’esperienza della mia vita. Il sacerdote per me rappresenta anche il casto San Giuseppe che non ha avuto paura ad accogliere Maria, Sua Sposa, nonostante aspettasse già un bambino che non era suo. È stato coraggioso perché si è fidato dell’angelo che è apparo a lui in sogno così come ha fatto Maria all’Annunciazione.
Attraverso il cammino di ricerca e crescita interiore ho capito una cosa importante: ognuno di noi, sin dal momento del nostro concepimento, anzi ab-aeterno, ha una sua vocazione specifica che con il tempo si delinea nella vita; chi al sacerdozio, chi al matrimonio, chi alla vita consacrata. . .
Sta a noi rispondere si o no liberamente a questa chiamata. Quando un ragazzo, che è stato chiamato al sacerdozio, non riesce per qualche motivo a realizzare la propria vocazione: questo ragazzo in linea di massima rimane celibe. Idem per una ragazza: rimane nubile.
Così facendo queste persone si mantengono “nell’ordine divino” per il quale sono state create; le altre strade, che possiamo percorrere al di fuori di quella voluta per noi: dal Divino Volere, sono una fuga o un compromesso con noi stessi e che non portano alla felicità e ad una pienezza della gioia.
In quanto nella nostra vita, siamo chiamati a realizzare il Progetto d’Amore che Dio ha su di noi sin dall’eternità, il celibato inteso come dono è pienezza di vita.
Perché ho voluto riflettere su questo?
. . . Perché voglio chiedere scusa a Mons. Ivan Salvadori per il comportamento poco educato che ho avuto con Lui attraverso un mio scritto, in quanto l’ho offeso.
Mi pento e chiedo perdono a mons. Ivan Salvadori Vicario della Diocesi di Como per questo mio comportamento anche se è stato indotto dall’atteggiamento poco corretto, che altre persone hanno avuto nei miei riguardi. È stata una catena che ha avuto le sue conseguenze ma che si è spezzata.
Ad imitazione della kenosi di Gesù trovo la forza di riappacificarmi con Mons. Ivan Salvadori in quanto per me rimane sempre un grande amico, anche se, contemporaneamente, lo Spirito Santo mi ha indicato una via diversa da seguire.
Con mons. Ivan Salvadori ho fatto l’ultimo tratto di strada che mi ha permesso di raggiungere e di vivere già su questa terra un Paradiso anticipato. Il percorso è stato molto difficoltoso però anche molto gratificante. Attraverso questa crisi ho semplicemente lasciato la Sua mano. Il distacco da Lui è stato doloroso.
Attraverso questo sincero pentimento nei confronti di mons. Ivan Salvadori mi sento pacificata con Lui, con me stessa e con queste persone:
sono caduta, mi sono rialzata
– sto andando da un’altra parte –
sono libera.
Se voglio dedicarmi all’evangelizzazione dei giovani devo essere coerente con quello che penso, che scrivo e che dico perché altrimenti non sono credibile.
I giovani hanno bisogno della mia testimonianza.