Buongiorno, sono Maria Cristina Nava e vorrei raccontare, un po’, da dove arrivo e dove sto andando, in maniera che quando leggerete com’è avvenuta la nascita di Fondazione San Rocco siano chiare anche le mie origini.
Sono nata il 31 luglio 1959 da Serafina Zappa e Alessandro Nava, a Buccinigo una piccola frazione di Erba, terzogenita.
Della mia prima infanzia ho dei ricordi molto belli anche se la mia vita è stata segnata, già all’età di undici mesi, dalla malattia e dalla sofferenza, in quanto a causa di una malformazione di un’anca sono rimasta immobilizzata fino all’età di tre anni, quando, mi raccontava la mamma, ho iniziato a lasciare gli appoggi e a camminare in modo autonomo. Nonostante l’amore dal quale sono stata circondata dai miei genitori, dalle mie sorelle e dalla nonna materna Luigia Ratti, questa esperienza ha lasciato in me un limite psico-motorio molto forte dal quale non mi sono mai completamente liberata.
Al di la di questo primo handicap la mia infanzia è stata molto serena. I miei genitori avevano una piccola attività commerciale in proprio, si amavano moltissimo ed erano molto uniti anche per via del lavoro.
Ho frequentato fino alla quinta elementare l’istituto delle suore di S. Giovanna Antida Thouret a Erba. Da loro ho ricevuto un’ottima educazione e ricordo, con grande amore, soprattutto l’ultima insegnante, Suor Paola Bua, grazie alla quale sono riuscita a riportare un profitto molto elevato.
La mamma era molto buona di indole, molto creativa, aveva le mani d’oro e confezionava lei personalmente i miei vestitini. La mamma riusciva in tutto perché era un’artista. Il papà, molto austero e autoritario, era il vero capofamiglia.
Mia sorella Angela, maggiore di me di circa dodici anni, si è spesa, fino al giorno del suo matrimonio, nell’aiuto con il suo lavoro e anche nell’accudimento di mia sorella Patrizia e di me in casa e a scuola.
Anche di mia sorella Patrizia ho un ricordo molto bello. Giocavamo insieme, molto più tranquilla di me, di indole buona, la mamma me la citava sempre ad esempio per il suo ordine e la sua disciplina. Personalmente ero molto vivace, capisco ora, per via del limite che avevo.
Alla sera quando eravamo già a letto, in quanto fino a dieci anni dormivamo tutti in un’unica stanza, mi ricordo che dicevamo qualche preghiera insieme, un po’ in latino e un po’ in italiano, ed io ero molto interessata, fin da allora, riguardo al destino dell’anima dopo la morte e facevo domande a tutto spiano sull’eternità, fino a quando qualcuno mi diceva di smetterla e spegneva la luce. In quanto la mia testa, nel letto, confinava con una piccola statua della Madonna collocata in una nicchia all’esterno della casa, mi addormentavo serena perché sapevo che la Madonna stava vegliando su di me e sulla mia famiglia: e che comunque ero io quella più vicina a Lei.
. . . E così sono trascorsi nella quotidianità e nella serenità i primi dieci anni della mia vita.
Poi abbiamo traslocato in una casa di nuova costruzione, sempre nel paese, ma il papà dopo qualche mese dal nostro insediamento in questa nuova casa, come la chiamavo io, ci ha lasciati per andare in Paradiso.